Affiancare intervall training e salite: il metodo per ottenere benefici sul fronte sia della resistenza sia della velocità.
Il metodo classico
Le corse in salita migliorano la forza veloce e resistente, la reattività muscolare, l’elasticità cardiaca, le capacità anaerobiche e anche gli aspetti psicologici, per i quali lunghezza e pendenza della salita hanno un’importanza rilevante. Spesso si legge che la corsa in salita forma il carattere. Consideriamo qui inoltre l’intervall training classico (ideato dal tedesco Woldemar Gerschel e avallato dal cardiologo Herbert Reindel), molto praticato dal mitico Emil Zatopek, che consisteva nel correre decine di volte una distanza tra i 100 e 400 m. Il pluricampione ceco affrontò 40 volte i 400 m con recupero di 150 m. La distanza percorsa tra le prove e il recupero è particolarmente alta: 22 km, cui si deve aggiungere il riscaldamento (4 km) e il defaticamento (1 km). Ci si domanda se queste sedute esercitassero la resistenza o la velocità.
Stimoli che sanno di sfida
Perché dunque non combinare gli effetti della salita con quelli dell’intervall training? Faccio questa proposta (già applicata su di me e su alcuni runner) considerando che:
1) spesso ci si fa impressionare dal numero delle prove;
2) il famoso tecnico Renato Canova è convinto che ogni tanto un runner debba affrontare allenamenti sfidanti;
3) la mente funziona solo quando è aperta.
L’obiettivo delle prove in salita è migliorare la forza resistente. La mia proposta è un’alternativa a: a) salite brevi veloci, ad esempio 10 x 100 m a impegno paramassimale; b) salite medie sostenute, ad esempio 10 x 200 m a impegno da gara di 1.500 m; c) salite lunghe, ad esempio 6 x 800 m a impegno da gara di 5.000 m; d) salite lunghe di tipo medio in salita, ad esempio 5-8 km all’impegno della mezza maratona.